E’ dall’inizio di questo apocalittico periodo di epidemia che sentiamo ripetere da più parti che “non torneremo più come prima”, quasi nell’ottica di una profezia che si autoavvera, di una previsione programmatica o di una volontà di indirizzare e orientare gli stili di vita futuri dell’umanità. Il risultato è un panico diffuso che indirizza i comportamenti delle persone, sempre più convinte della necessità di restare in casa a oltranza, dominate dalla paura e narcotizzate dai persuasivi mezzi di comunicazione.
A giudicare dagli aedi del mainstream e dai cantori della nuova Repubblica tecnocratica che si appresta sempre più velocemente a prendere forma, sembra quasi che il finale sia già scritto: la pandemia come confine tra un prima e un dopo della condizione umana, come demarcazione tra l’umano e il post-umano e come passaggio definitivo all’era del predominio della tecnica.
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