di Giorgia Audiello
Nella società liberal-capitalista anche la vita è in vendita: diventare – in qualunque modo – genitore sarebbe un diritto il cui oggetto è il bambino stesso che diventa così prodotto di una compravendita regolata da un vero e proprio contratto commerciale. È quanto avviene nel processo cosiddetto di maternità surrogata o gestazione per altri. L’argomento è tornato al centro del dibattito pubblico in seguito all’iniziativa del maggior partito di governo – Fratelli d’Italia – di proporre una legge che renda la gestazione per altri reato universale. Attualmente, infatti, in Italia la pratica è vietata ai sensi della legge 40 del 2004, ma è consentita all’estero. Con la proposta di legge in questione, invece, ricorrere alla gestazione per altri sarebbe considerato reato anche nei paesi dove è consentito. Contro la proposta del governo si è scagliata l’opposizione e la neosegretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha chiesto che la maternità surrogata venga resa legale anche in Italia. Al netto delle strumentalizzazioni politiche, è bene interrogarsi su che cosa realmente comporti tale pratica e sull’idea di “figlio” come “diritto”. L’ideologia dei diritti e del progresso, infatti, non permette di analizzare l’argomento in tutta la sua portata, poiché in nome di un presunto progresso tecno-scientifico e antropologico si legittima qualunque pratica eliminando alla radice il problema etico che vi sta alla base.
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