Dopo la visita al presidente ucraino Zelensky e l’incontro a Mosca con Vladimir Putin – quest’ultimo aspramente criticato dalla Commissione europea e dalla NATO – ieri il primo ministro ungherese Viktor Orban ha proseguito la sua missione diplomatica recandosi a Pechino, dove ha incontrato il presidente Xi Jinping e rilanciato il piano di pace cinese in sei punti che il Dragone aveva co-promosso lo scorso maggio insieme al Brasile. Orban ha definito la visita a Pechino una «missione di pace 3.0» volta a trovare una soluzione al conflitto in Ucraina, pur essendo priva però del sostegno e del mandato del blocco euro-atlantico. Il capo magiaro ha affermato che la Cina è «una potenza chiave nel creare le condizioni per la pace nella guerra tra Russia e Ucraina», motivando così il suo viaggio a Pechino, due mesi dopo la visita di Xi a Budapest. Da parte sua, il presidente cinese ha detto che «la comunità internazionale dovrebbe creare le condizioni per la ripresa del dialogo diretto e dei negoziati tra le due parti e fornire assistenza», aggiungendo che «è nell’interesse di tutte le parti cercare una soluzione politica attraverso un rapido cessate il fuoco». Inoltre, il leader ungherese ha colto anche l’occasione per stringere importanti accordi di cooperazione commerciale con Pechino, assumendo una posizione opposta a quella Ue che, invece, ha posto dazi sulle esportazioni cinesi.
Critico rispetto agli aiuti militari occidentali all’Ucraina e in buoni rapporti con Mosca, l’iniziativa di mediazione di Orban – intrapresa all’indomani dell’inizio della presidenza di turno ungherese del Consiglio europeo – è al momento l’unica iniziativa diplomatica assunta da un Paese europeo. I vertici comunitari e della NATO hanno, tuttavia, già provveduto a delegittimarla, chiarendo che l’Ungheria non rappresenta e non ha il mandato dell’Unione Europea. Quest’ultima, infatti, ha del tutto escluso la possibilità di negoziati, reclamando come unica possibilità per la «pace» il ritiro integrale di Mosca dai «territori occupati». Nel piano in sei punti promosso da Cina e Brasile, e ora sostenuto anche da Orban, invece, si afferma che «il dialogo e il negoziato sono l’unica via percorribile per uscire dalla crisi». Il documento prevede tre principi fondamentali per ridurre il conflitto: nessun allargamento delle ostilità; nessuna escalation dello scontro; nessuna provocazione da parte di alcuno. Gli altri punti del piano sino-brasiliano prevedono gli sforzi per aumentare l’assistenza umanitaria nelle regioni interessate; il contrasto all’uso delle armi di distruzione di massa, in particolare armi nucleari, chimiche e biologiche; e l’opposizione alla divisione del mondo in blocchi contrapposti. A differenza dell’approccio occidentale, Pechino e Brasilia hanno manifestato la necessità di organizzare e sostenere una conferenza internazionale di pace a cui prendano parte entrambe le parti in conflitto. Una soluzione non prospettata, invece, dai vertici euro-atlantici. Anche per questo motivo, Orban ha attirato su di sé le critiche della Commissione, mentre Zelensky ha affermato che il capo magiaro non può svolgere il ruolo di mediatore, compito che, a suo dire, può essere svolto solo dalle potenze mondiali.
Il mese scorso, su richiesta dell’Ucraina, la Svizzera ha organizzato un vertice per cercare di ottenere un ampio consenso sulla cosiddetta «pace giusta» proposta da Kiev – che sostanzialmente consiste nel ritiro incondizionato della Russia dai «territori occupati» – e, contemporaneamente, per dimostrare l’isolamento della Russia, che non è stata invitata all’evento. Tuttavia, l’incontro si è concluso in un nulla di fatto, acuito dall’assenza della Cina e dalle sconfitte militari sul campo da parte di Kiev. Lungi dall’essere isolata, Mosca ha incassato il sostegno cinese, mentre il primo ministro indiano Narendra Modi si trova proprio in questi giorni nella Nazione eurasiatica e uno dei temi principali sul tavolo sarà proprio il conflitto in Ucraina.
Oltre alla crisi ucraina, l’Ungheria ha approfittato della visita a Pechino per rinsaldare i rapporti commerciali col Dragone, per il quale Budapest è diventata un’importante partner commerciale: nella delegazione di Orbán era presente, infatti, anche il ministro degli Affari Esteri e del Commercio, Péter Szijjártó. Quest’ultimo ha annunciato che le due nazioni hanno negoziato un accordo per rilanciare le esportazioni di carne di maiale e pollame in Cina, proprio nel momento in cui Pechino ha imposto misure di ritorsione contro le importazioni di carne di maiale dall’Europa. Inoltre, le aziende cinesi produttrici di veicoli elettrici potranno continuare a investire in Ungheria creando circa 25.000 posti di lavoro. Budapest si è infatti dichiarata contraria ai dazi posti dall’Ue sulle importazioni di auto elettriche, esortando la Commissione a sostenere le industrie europee dell’elettrico piuttosto che attuare misure punitive.
Il viaggio di Orban in Cina precede di pochi giorni il Vertice NATO che si terrà a Washington e a cui il primo ministro ungherese dovrebbe partecipare, nonostante le profonde divergenze con la coalizione, la quale discuterà di come fornire ulteriore sostegno all’Ucraina. Sebbene molti capi europei si siano affrettati a chiarire che la presidenza ungherese dell’UE non è rappresentativa del blocco dei 27, Xi Jinping ha detto a Orban di sperare che l’Ungheria «svolga un ruolo attivo» nello sviluppo delle relazioni Cina-UE.
[di Giorgia Audiello, pubblicato su L’Indipendente.online]